Malattia di Ménière: che cos’è, sintomi, diagnosi e trattamenti da seguire

26 Gennaio 2021

La malattia di Ménière è stata descritta per la prima volta dal medico francese Prosper Ménière nel 1861. Fu uno dei primi a sostenere che l’’orecchio interno fosse responsabile dell’equilibrio.

La malattia di Ménière si chiama così proprio in suo onore.

Si tratta di un disturbo dell’orecchio interno caratterizzato da perdita dell’udito, acufene e vertigini. Nella maggior parte dei casi, è lentamente progressiva e ha un impatto significativo sul funzionamento sociale dell’individuo colpito. Nel nostro articolo indagheremo sulle cause che sono alla base dell’insorgenza della malattia, come si fa diagnosi e quali sono i possibili trattamenti.

Cosa ne provoca l’insorgenza e quanto è frequente

La prevalenza della malattia di Ménière varia tra 3,5 per 100.000 e 513 per 100.000 e si verifica più spesso nei pazienti anziani, bianchi e di sesso femminile.

Diversi studi effettuati sull’osso temporale hanno evidenziato che vi è un accumulo di endolinfa nella coclea e nell’organo vestibolare dei pazienti affetti da malattia di Ménière. La ricerca attuale collega l’idrope endolinfatica a una perdita dell’udito> 40 dB. La vertigine può o meno essere presente. Pertanto l’idrope endolinfatica non è del tutto specifica per la malattia di Ménière e può essere riscontrata anche nei casi di ipoacusia neurosensoriale idiopatica.

L’esatta eziologia della malattia di Ménière rimane poco chiara. Esistono diverse teorie. Sicuramente fattori genetici e ambientali giocano un ruolo predominante.

Spesso la malattia di Ménière si associa ad altre patologie e ciò ha dato vita a nuove teorie sull’origine della malattia.

Tra le comorbilità abbiamo:

  • Emicrania: l’emicrania si verifica più spesso nei pazienti con diagnosi di malattia di Ménière, anche se potrebbe esserci una sovrapposizione tra l’emicrania basilare erroneamente diagnosticata come malattia di Ménière. L’emicrania basilare è una forma di emicrania in cui la comparsa del dolore alla testa è preceduta da sintomi di interessamento del tronco encefalico, come acufeni (sibili intensi, fischi), vertigini, disturbi visivi (lampi o zone buie) e talora anche perdita di coscienza.
  • Malattie autoimmuni: Diverse malattie autoimmuni sono associate alla malattia di Ménière, come per esempio l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico e la spondilite anchilosante.

 

Come si fa diagnosi

Gli attuali criteri diagnostici definiti dalla società di neuro-otologia “Barany” da Lopez-Escamez et al. possono aiutare a distinguere tra la malattia di Ménièere definita o certa e la malattia di Ménière probabile.

I pazienti con una malattia di Ménière definita secondo la “Barany Society” hanno:

  • Due o più episodi spontanei di vertigini, ciascuno della durata di 20 minuti a 12 ore;
  • Ipoacusia neurosensoriale da bassa a media frequenza in un orecchio documentata audiometricamente, che definisce e permette di individuare l’orecchio interessato in almeno un caso prima, durante o dopo uno degli episodi di vertigine;
  • Sintomi acustici fluttuanti (sensazione di pienezza, alterazione dell’udito, tinnito ovvero un acufene intermedio a frequenza elevata) localizzati nell’orecchio colpito;
  • Condizioni sopracitate non meglio giustificate da qualsiasi altra diagnosi vestibolare.

La probabile malattia di Ménière può includere i seguenti risultati clinici:

  • Due o più episodi di capogiri o vertigini, ciascuno della durata di 20 minuti a 24 ore;
  • Sintomi uditivi fluttuanti (come quelli citati sopra) nell’orecchio colpito;
  • Queste condizioni sono meglio spiegate da altre diagnosi vestibolari.

Il medico distinguerà tra vertigini di causa centrale e periferica. Con il termine vertigine si intende una sensazione di falso movimento (in genere rotatorio) dell’ambiente circostante (vertigine oggettiva) oppure una distorsione del proprio orientamento  nello spazio, con percezione di movimento vorticoso, ondeggiamento (vertigine soggettiva) e tendenza alla caduta. La vertigine può essere causata da un danno o disfunzione del labirinto, del nervo vestibolare o delle strutture  centrali del tronco-encefalo. Pertanto, per convenzione, le cause di vertigine si dividono in centrali (soggettive) e periferiche (oggettive). La vertigine causata da problemi dell’orecchio interno e dal nervo vestibolare, è chiamata “periferica”.

La vertigine centrale è invece determinata da una patologia a carico del sistema nervoso centrale. Insulti ischemici o emorragici di cervelletto, dei nuclei vestibolari e delle loro connessioni all’interno del tronco cerebrale, tumori del sistema nervoso centrale, infezioni, traumi, e patologie demielinizzanti come la sclerosi multipla possono determinare questo tipo di vertigine.

Se si sospetta la malattia di Ménière, il paziente deve essere interrogato sul carattere delle vertigini, sulla perdita dell’udito e si deve chiedere se vi sono stati episodi precedenti. Si dovrebbe eseguire un esame otologico completo, il test del nervo facciale e la valutazione del nistagmo con occhiali Frenzel (sono particolari occhiali con lenti a 20 diottrie, che – impedendo la fissazione dello sguardo – permettono lo studio del nistagmo ovvero un movimento ritmico involontario dei globi oculari spontaneo e provocato da particolari manovre o specifiche sollecitazioni), il test di Rinne (la prova di Rinne è una prova di tipo audiometrico che valuta la differenza tra la durata della percezione di un suono di tonalità grave, emesso da un diapason trasmesso prima per via ossea – diapason posizionato sulla mastoide – e poi per via aerea – con il diapason posto a 2 cm dall’orecchio. Il test permette una rapida valutazione di un disturbo uditivo di tipo conduttivo) e il test di Weber (è in grado di rilevare una perdita di udito di tipo trasmissivo unilaterale ed una perdita di udito unilaterale neurosensoriale – perdita di udito dell’orecchio interno).

I test di Rinne e Weber: mostreranno l’ipoacusia neurosensoriale nella malattia di Ménière acuta o nella malattia avanzata.

Gli occhiali di Frenzel: possono mostrare nistagmo orizzontale con una componente che batte velocemente lontano dall’organo vestibolare interessato nel contesto acuto.

La valutazione audiometrica è obbligatoria in tutti i pazienti con malattia di Ménière. La perdita dell’udito neurosensoriale unilaterale fluttuante a bassa frequenza è caratteristica della malattia. La perdita dell’udito può progredire a tutte le frequenze. L’acufene è comune ed è ipsilaterale.

Tutti i pazienti con ipoacusia unilaterale devono essere sottoposti a risonanza magnetica per immagini (RMN) per escludere patologie retrococleari. Non è necessario eseguire l’imaging nella malattia in acuto, ma può essere eseguito entro poche settimane dall’insorgenza dei sintomi. L’imaging RMN ad alta risoluzione può mostrare direttamente l’idrope endolinfatica negli organi colpiti.

Il test della funzione vestibolare (in particolare la prova calorica vestibolare che consiste nella stimolazione termica del labirinto introducendo nell’orecchio acqua a diverse temperature per 30 secondi) può mostrare che l’orecchio colpito è mal funzionante nel 42% -74% e presenta una perdita completa della funzione nel 6% -11%.

Come si tratta la malattia

Esistono diverse opzioni di trattamento per la malattia di Ménière con una sostanziale variabilità tra i paesi. Non esistono purtroppo farmaci specifici per la cura della sindrome di Ménière. I medicinali impiegati, infatti, sono perlopiù palliativi; pertanto, il loro utilizzo è mirato a ridurre i sintomi della malattia e a migliorare la qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti.

Poiché molti trattamenti hanno un impatto significativo sul funzionamento delle strutture circostanti, si dovrebbe iniziare con approcci non invasivi che hanno minore possibilità di provocare l’insorgenza di effetti collaterali e procedere poi pian piano a passaggi più invasivi se i primi non hanno avuto efficacia.

Tra le opzioni abbiamo:

  • Dieta a restrizione di sodio: alcuni studi hanno dimostrato che limitare l’assunzione di sodio può aiutare a prevenire gli attacchi di Meniere;
  • Betaistina: esiste un sostanziale disaccordo nella comunità medica sull’uso della betaistina. Una revisione Cochrane ha trovato prove di basso livello a sostegno dell’uso della betaistina con una sostanziale variabilità tra gli studi. La terapia medica in molti centri medici spesso inizia con la betaistina per via orale. Questo farmaco è in grado di migliorare il flusso sanguigno dell’orecchio interno, riducendo così l’aumento di pressione e migliorando i sintomi tipici della malattia, quali vertigini e acufeni;
  • Le iniezioni intratimpaniche di steroidi possono ridurre il numero di attacchi di vertigini nei pazienti con malattia di Meniere;
  • Iniezioni intratimpaniche di gentamicina: questo antibiotico ha forti proprietà ablative nei confronti delle cellule vestibolari. È dotata infatti di una certa tossicità vestibolare, che può essere sfruttata per il trattamento della malattia di Ménière. Viene usata solo se i trattamenti conservativi non sono stati efficaci nel controllare le vertigini indotte dalla malattia di Ménière. Si somministra per via intratimpanica. Questa pratica è anche chiamata labirintectomia chimica. Esercita così la sua azione tossica nei confronti delle cellule del vestibolo, riducendo gli impulsi che queste inviano al nervo vestibolare. In questo modo, si assiste a una diminuzione delle vertigini. Non altera l’udito del paziente, poiché la gentamicina presenta una tossicità relativamente selettiva nei confronti delle cellule vestibolari, mentre presenta una scarsa tossicità nei confronti delle cellule della coclea.
  • Chirurgia con sezione del nervo vestibolare o labirintectomia: la sezione del nervo è un’opzione terapeutica nei pazienti che non hanno avuto benefici dalle opzioni di trattamento conservativo. La labirintectomia porta a una perdita completa dell’udito nella parte interessata.

Diagnosi differenziale

La malattia di Ménière entra in diagnosi differenziali con le seguenti condizioni:

  • Emicrania basilare: associata a vertigini ma senza sintomi uditivi;
  • Neuronite vestibolare: associata a vertigini che durano diversi giorni, nessun sintomo uditivo;
  • Vertigine posizionale parossistica benigna: associata a vertigini legate ai movimenti della testa, durata da pochi secondi a minuti, nessun sintomo uditivo;
  • Uso di farmaci (ad es. Aminoglicosidi e diuretici dell’ansa).

Che prognosi ha la malattia

Dal punto di vista prognostico, diversi studi hanno evidenziato che il numero di episodi di vertigine è maggiore nei primi anni di malattia e diminuisce negli anni successivi indipendentemente dal fatto che i pazienti ricevano o no un trattamento. La maggior parte dei pazienti tende progressivamente a raggiungere una “fase stazionaria senza vertigini”. Anche la perdita dell’udito è più elevata nei primi anni della malattia e si stabilizza negli anni successivi.

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