Lenti a contatto e cheratite da Acanthamoeba: nanoparticelle e prevenzione

5 Marzo 2021

La cheratite da Acanthamoeba è una grave infezione della cornea che può portare alla perdita permanente della vista. Il numero di pazienti a cui viene diagnosticata questa patologia è in costante aumento. In circa il 90% dei casi i soggetti più colpiti sono gli utilizzatori di lenti a contatto.

La terapia disponibile contro la cheratite è spesso lunga e può avere importanti effetti collaterali tossici per gli occhi. Inoltre non è stato ancora sviluppato un protocollo terapeutico efficace e definitivo pertanto le azioni preventive, inclusa un’efficace disinfezione delle lenti a contatto, sono fondamentali per ridurre al minimo il tasso di infezione.

Nel nostro articolo vedremo cos’è l’Acanthamoeba, come si sviluppa l’infezione, l’importanza dell’uso corretto delle lenti a contatto e  l’utilizzo innovativo nelle nanoparticelle al fine di ottenerne un’efficace disinfezione.

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Cos’è l’Acanthamoeba e come si verifica l’infezione

L’Acanthamoeba appartiene al genere “ameba a vita libera”. L’ameba è il nome comune di un genere di protisti, oggi generalmente raggruppati nel clade degli amebozoi. Una caratteristica particolare di questi organismi unicellulari è di mutare continuamente forma a causa del loro citoplasma privo di scheletro. L’Acanthamoeba è una cellula piccola, di solito di lunghezza tra i 15 e 35 µm e forma da ovale a triangolare durante il movimento.

Le amebe vive libere del genere Acanthamoeba sono state isolate da fonti ambientali sia naturali che artificiali, tra cui acqua dolce e salata, suolo, aria, fontane cittadine e piscine. Possono causare un’infezione corneale progressiva e pericolosa per la vista nota come cheratite da Acanthamoeba.

Una gestione impropria delle lenti a contatto come lavarle in acqua di rubinetto o indossarle durante il nuoto può provocare la contaminazione con amebe che possono così essere facilmente trasmesse alla cornea. Le amebe inizialmente localizzate nella superficie dell’epitelio corneale invadono rapidamente lo stroma sottostante e si infiltrano nei nervi corneali, causando neuriti e necrosi.

L’infezione è unilaterale e si manifesta con sintomi non specifici come forte dolore agli occhi, visione offuscata e lacrimazione. Spesso la cheratite da Acanthamoeba viene confusa e diagnosticata erroneamente come un’infezione corneale batterica o virale. Ciò si traduce in un ritardo nel trattamento adeguato. Di conseguenza, la cheratite da Acanthamoeba può facilmente portare alla cecità. Ad oggi, non esiste una terapia completamente efficace contro l’infezione.

Gli approcci terapeutici raccomandati dai Centers for Disease Control and Prevention (CDC) sono la clorexidina digluconato combinata con propamidina isethionate o applicazioni hexamidine. Questi farmaci provocano alterazioni nella membrana citoplasmatica e infine portano alla denaturazione del contenuto citoplasmatico delle cellule delle amebe. Il poliesametilene biguanide (PHMB) e la clorexidina sono i farmaci più utilizzati. Alcuni medici inoltre raccomandano anche l’uso della neomicina, come agente antibatterico durante la fase iniziale della terapia. Sono in fase di sviluppo anche nuove terapie.

Alcuni di loro includono l’uso di una nuova generazione di antimicotici in combinazione con il poliesametilene biguanide, al momento però sono stati studiati solo in modelli animali.

Purtroppo il trattamento prolungato con questi agenti è molto tossico per gli occhi e raramente porta al completo recupero del paziente. Pertanto ancora oggi la prevenzione è il fattore principale che limita il numero di infezioni.

Le nanoparticelle agiscono come agenti antimicrobici

Negli ultimi anni si è osservato un rapido sviluppo delle nanotecnologie mediche. Oggi le nanoparticelle sono considerate nuovi potenziali agenti antimicrobici. Diversi studi hanno infatti dimostrato che agiscono contro molti batteri, virus, funghi e diverse specie di protozoi. Il loro meccanismo d’azione è ancora poco conosciuto.

Studi recenti hanno evidenziato che le nanoparticelle penetrano e alterano la struttura della membrana cellulare, inducono la produzione di specie reattive dell’ossigeno intracellulare (ROS), interrompono gli enzimi della catena respiratoria, causano danni cellulari mediante l’inibizione della replicazione del DNA, influenzano la struttura secondaria del DNA, alterano l’RNA e inibiscono la sintesi proteica dipendente dall’ATP.

L’attività antimicrobica delle nanoparticelle d’argento è stata descritta contro Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa, Escherichia coli, Bacillus subtilis, Enterobacter aerogenes, Streptococcus mutans, Lactobacillus acidophilus, Micrococcus luteus e Candida albicans. L’attività antiprotozoica delle nanoparticelle d’argento è stata confermata contro Echinococcus granulosus, Schistosoma japonicum, Giardia intestinalis, Entamoeba histolytica, Cryptosporidium parvum, Toxoplasma gondii, Leishmania spp.

E Plasmodium spp. Studi recenti hanno inoltre confermato l’attività delle nanoparticelle d’argento modificate con acido tannico contro Acanthamoeba spp. Le nanoparticelle di platino non sono state studiate approfonditamente come le nanoparticelle d’argento, ma diversi studi hanno evidenziato la loro attività antibatterica contro Pseudomonas aeruginosa, Bacillus subtilis, Listeria monocytogenes, Staphylococcus aureus, Salmonella enteritidis, Candida albicans e ceppi di Escherichia coli. Altri studi recenti hanno dimostrato che le nanoparticelle di platino possono inibire la formazione del biofilm da Salmonella typhi. La loro attività antiprotozoica è stata anche studiata e confermata contro Toxoplasma gondii.

Lenti a contatto e infezione da Acanthamoeba

Le lenti a contatto sono classificate in diversi tipi in base a vari fattori tra cui l’idratazione, le proprietà ioniche del materiale, la presenza di silicone, la morbidezza, la durezza o il periodo di utilizzo e la pulizia. La Food and Drug Administration classifica le lenti a contatto a seconda del materiale con cui sono realizzate, in base al contenuto di acqua e alla loro ionizzazione in quattro gruppi. Il gruppo 1 e 2 presentano materiali non ionici con basso contenuto di acqua per il gruppo 1  (<50%) e alto per il gruppo 2 (> 50%). I gruppi 3 e 4 presentano materiali ionici con contenuto di acqua basso nel gruppo 3 (<50%) e alto nel gruppo 4 (> 50%).

Studi recenti hanno dimostrato che i più diffusi sistemi di disinfezione delle lenti a contatto, comunemente basati su agenti antimicrobici e antimicotici, non sono completamente efficaci contro l’Acanthamoeba. Gli attuali sistemi di disinfezione delle lenti a contatto includono principalmente agenti antibatterici come il poliesametilene biguanide (PHMB) e il polyquaternium-1 (PQ-1).

Sono state esaminate tre popolari soluzioni per la cura delle lenti a contatto, vale a dire “Solo Care Aqua”, “Renu Multiplus” e “Opti Free”. È stata confermata loro attività antimicrobica contro Pseudomonas aeruginosa e Staphylococcus aureus. Però l’attività anti-amebica contro Acanthamoeba castellanii e Acanthamoeba polyphaga non era sufficiente.

Il primo stadio della patogenesi della cheratite consiste proprio nell’attaccamento dell’ameba alla superficie delle lenti a contatto. La sua capacità di adesione è influenzata da diversi fattori, i più importanti sono il contenuto di acqua e la ionizzazione della lente. Altri fattori che possono influenzare questa capacità sono rappresentati dal contenuto di silicone, dalla rugosità superficiale e dal tipo di lente a contatto (morbida o dura).

Anche l’uso quotidiano o mensile delle lenti a contatto e la loro procedura di disinfezione è cruciale per la possibile infezione da Acanthamoeba. Studi recenti hanno dimostrato che l’aumento del contenuto di acqua e la ionizzazione delle lenti a contatto possono favorire l’adesione dei trofozoiti di Acanthamoeba. Inoltre, le lenti a contatto contenenti silicone sono quelle che maggiormente si prestano all’adesione dell’Acanthamoeba rispetto ad altri tipi di lenti a contatto.

La massima adesione è stata osservata sulle lenti a contatto di tipo 3 e 4, che presentano entrambi materiali ionici ma un diverso contenuto di acqua, rispettivamente il 36% e il 55% di idratazione. Nelle lenti a contatto di tipo 1 e 2, che sono realizzate con materiali non ionici, l’adesione osservata era invece significativamente inferiore. Tutto ciò è stato confermato dagli studi eseguiti da Lee ad al. e Omaña-Molina et al. che hanno testato tre generazioni di materiali in silicone idrogel. Tuttavia, un’adesione molto elevata è stata osservata anche nel Methafilcon A (tipo 4), che è un materiale ionico con un alto contenuto di acqua e senza presenza di silicone.

Si evince pertanto che la ionizzazione potrebbe essere il parametro più importante, che influenza l’adesione di Acanthamoeba, rispetto all’idratazione e alla presenza di silicone. Vale anche la pena notare che i materiali delle lenti di tipo 3 sono utilizzati principalmente nelle lenti a contatto mensili. Molti studi hanno inoltre dimostrato che la contaminazione delle lenti a contatto da parte del biofilm batterico aumenta l’adesione superficiale di Acanthamoeba.

Quali nanoparticelle agiscono contro le amebe

Le nanoparticelle di fosfato di cobalto più piccole, con un intervallo di dimensioni di 1,30 ± 0,70 µm, hanno mostrato in diversi studi un’ottima attività anti-amebica, con solo il 15% di citotossicità per le cellule umane.

Le nanoparticelle di biossido di titanio sintetizzate alla concentrazione di 50 ppm, trattate con zinco, hanno la capacità di ridurre del 60% il numero di cellule amebiche subito dopo 1 h di incubazione. L’effetto positivo osservato dura fino a sette giorni e agisce in modo dose-dipendente. In altri studi si è visto che l’effetto anti-amebico della clorexidina migliora significativamente grazie alla coniugazione con 5 μM di nano particelle d’oro.

Allo stesso tempo, l’effetto tossico è stato ridotto dal 90% al 40%. Anche l’amfotericina B, la nistatina e il fluconazolo hanno mostrato un aumento dell’attività anti-amebica dopo la coniugazione con nanoparticelle d’oro. Sottolineiamo che queste nano particelle d’oro non hanno però attività contro l’Acanthamoeba trophozoites. Ad oggi, nessuno studio ha evidenziato un’azione da parte delle nanoparticelle di platino contro l’Acanthamoeba.

Le nanoparticelle d’argento sono attualmente le più studiate in termini di attività anti-amebica e studi recenti hanno dimostrato che queste nanoparticelle dopo 96 ore di incubazione, possono diminuire sia l’attività metabolica che la capacità di aderenza dell’Acanthamoeba. Inoltre diversi studi hanno confermato che le nanoparticelle d’argento aumentano la bioattività dell’amfotericina B e della nistatina.

Lo studio effettuato da Hedinger et al. pubblicato nel Mese di maggio 2020 su Pathogens ha dimostrato che 60 ppm di nanoparticelle d’argento hanno la capacità di ridurre l’adesione di Acanthamoeba alla superficie delle lenti a contatto di oltre il 50% in sole 6 ore di incubazione in tutti e quattro i tipi di lenti. L’effetto antiadesivo ottenuto era dose dipendente.

Inoltre, studi effettuati in precedenza sempre dallo stesso team hanno evidenziato che aggiungere nanoparticelle d’argento ad alcune soluzioni di lenti a contatto selezionate può incrementare significativamente la loro attività anti-amebica senza un aumento dell’effetto citotossico contro i fibroblasti murini.

Alla luce dei risultati di questi studi, le nanoparticelle d’argento sembrano essere le più promettenti come nuovo potenziale agente preventivo contro la cheratite da Acanthamoeba.

Pubblicazioni recenti inoltre propongono come nuovo approccio alla terapia della cheratite l’applicazione di farmaci antidiabetici come Glimepiride, Vildagliptin e Repaglinide insieme alle nano particelle d’argento. È stato confermato che basse concentrazioni di Vildagliptin rivestite con nanoparticelle d’argento abbiano un buon effetto anti-amebico.

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