Patologie della tiroide ed osteoporosi: quanto aumenta il rischio di frattura ossea

12 Marzo 2021

patologie della tiroide
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Cosa sono gli ormoni tiroidei

Gli ormoni tiroidei sono fondamentali nella regolazione del metabolismo e della differenziazione cellulare. I loro recettori sono localizzati nel sistema nervoso, nella ghiandola pituitaria, nei polmoni, nel cuore, nel fegato, nei muscoli, nelle ossa, nei testicoli, nella placenta e in altri tessuti.

Pertanto, il loro aumento o diminuzione ha un impatto importante su tutto il corpo. In particolare, un’alterazione dei livelli degli ormoni tiroidei si verifica nell’ipotiroidismo, nell’ipertiroidismo, nell’ipotiroidismo subclinico e nell’ipertiroidismo subclinico che sono le patologie della tiroide principali.

Un effetto importante è rappresentato dai cambiamenti nel metabolismo osseo, che spesso portano ad una diminuzione della densità minerale ossea e quindi all’osteoporosi. Questa complicanza provoca osteoporosi con l’aumento del rischio di fratture da fragilità che si associano ad un alto rischio di mortalità entro il primo anno.

Nel nostro articolo approfondiremo la relazione che sussiste tra patologie della tiroide e il rischio di fratture ossee. Vedremo come agiscono gli ormoni tiroidei sul tessuto osseo e come le loro alterazioni inducano la comparsa dell’osteoporosi.

Osteoporosi: cause, diagnosi e terapia

L’osteoporosi è una condizione caratterizzata da una bassa massa ossea. Nell’osteoporosi la densità minerale ossea è di 2,5 deviazioni standard rispetto a quella dei giovani adulti (T-score), misurata utilizzando l’assorbimetria a raggi X a doppia energia (DEXA). L’osteoporosi si verifica a causa di uno squilibrio tra i processi di riassorbimento osseo e formazione ossea.

Ha un’elevata incidenza nella popolazione generale, tanto che fino al 50% delle donne in post-menopausa sono affette da osteoporosi.

L’osteoporosi può essere primaria o secondaria. Le cause primarie sono l’età e la menopausa. Le cause secondarie sono numerose e comprendono malattie del fegato, insufficienza renale con aumento della creatinina, artrite reumatoide, BPCO, disturbi endocrini, gastrointestinali, ematologici, della nutrizione, del sistema nervoso centrale, infezione da HIV, lupus eritematoso sistemico e diversi farmaci.

Clinicamente, l’osteoporosi non ha sintomi, ma può portare a perdita di altezza, mal di schiena, cambiamenti nella postura.

Per quanto riguarda le complicanze è importantissimo sottolineare che l’osteoporosi aumenta il rischio di frattura di due volte per ogni deviazione standard al di sotto della media di un giovane adulto. Le fratture osteoporotiche più frequenti sono quelle vertebrali, dove due terzi sono asintomatiche, seguite da fratture del radio distale e fratture del femore e dell’anca.

Si ritiene che addirittura il 30-40% delle persone con osteoporosi subirà una frattura da osteoporosi durante la vita. Purtroppo queste fratture si associano a un aumento del rischio di mortalità, compreso tra il 9,7% e il 34,8% nel primo anno successivo al trauma.

Terapia per l’osteoporosi

Dopo la diagnosi di osteoporosi, si raccomanda ai pazienti l’assunzione di integratori come il calcio alla dose giornaliera di 1000 mg per gli uomini di età compresa tra 50 e 70 anni e di 1200 mg per gli uomini di età superiore ai 70 anni e le donne di età superiore ai 50 anni. Inoltre, è necessaria anche l’assunzione di vitamina D alla dose di 600 UI/giorno fino a 70 anni e di 800 UI/giorno successivamente.

Preferibilmente, la quantità di vitamina D dovrebbe essere regolata in base ai livelli sierici di 25(OH)D. Altre strategie di gestione per i pazienti osteoporotici al fine di ridurre il rischio di fratture includono la diminuzione del consumo di alcol, meno di due tazze di bevande a base di caffeina al giorno e l’inizio di un programma di esercizio fisico regolare.

Come agiscono gli ormoni della tiroide sul metabolismo osseo

L’osso subisce un processo continuo di formazione e riassorbimento per tutta la vita chiamato “ciclo di rimodellamento osseo”. Questo processo è a carico degli osteoclasti e degli osteoblasti.

Dopo che gli osteoclasti hanno terminato il processo osteolitico, gli osteoblasti eseguono la formazione ossea nel sito. Oltre a fattori locali, il processo di rimodellamento osseo è regolato da fattori sistemici come calcitonina, ormone paratiroideo, vitamina D3, estrogeni, ormoni tiroidei, glucocorticoidi e ormoni della crescita.

L’ormone T3 agisce sui recettori TRα sia sugli osteoblasti che sugli osteoclasti. Sugli osteoblasti si ritiene che aumenti la loro attività e quindi la formazione di osso, mentre sugli osteoclasti induce l’incremento del processo di riassorbimento osseo.

Non è ancora chiaro se T3 agisca sugli osteoclasti direttamente o indirettamente utilizzando l’osteoprotegerina/attivatore del recettore della via del ligando del fattore nucleare kappa-B (OPG/RANKL).

La ghiandola pituitaria può anche agire direttamente sulle cellule ossee mediante l’azione dell’ormone stimolante la tiroide (TSH) sul recettore del TSH (TSHR) presente sia negli osteoblasti che negli osteoclasti, in modo simile a T3.

La letteratura mostra che il normale ciclo di rimodellamento osseo è di circa 200 giorni. Quest’ultimo si modifica in presenza di patologie della tiroide e in particolare si riduce a quasi 100 giorni in caso di ipertiroidismo e aumenta a circa 700 giorni in caso di ipotiroidismo.

Inoltre, alcuni dati supportano l’idea che le patologie della tiroide modificano anche la densità minerale ossea. In particolare l’ipertiroidismo riduce la densità minerale ossea di quasi il 10% per ogni ciclo di rimodellamento osseo, mentre l’ipotiroidismo aumenta la densità minerale ossea di quasi il 17% per ogni ciclo.

La minore massa ossea riscontrata nell’ipertiroidismo determina un aumento del rischio di fratture. D’altra parte, sebbene la massa ossea aumenti nell’ipotiroidismo il rischio di frattura c’è comunque perché l’osso diventa più rigido.

Ipotiroidismo e salute delle ossa

L’ipotiroidismo è una se non la prima delle patologie della tiroide ed è caratterizzato dal deficit degli ormoni tiroidei. È una patologia diffusa in tutto il mondo, con una prevalenza fino al 7% nella popolazione generale. Le cause dell’ipotiroidismo possono essere suddivise in primarie, centrali e periferiche.

L’ipotiroidismo primario è rappresentato dal deficit di ormone tiroideo e comprende la tiroidite autoimmune cronica (tiroidite di Hashimoto), la carenza di iodio e il trattamento con radioiodio.

L’ipotiroidismo centrale è caratterizzato dal deficit dell’ormone stimolante la tiroide (TSH) o dal deficit dell’ormone di rilascio della tireotropina (TRH) e include i tumori ipofisari, la disfunzione ipofisaria e la disfunzione ipotalamica.

Infine, l’ipotiroidismo periferico è caratterizzato dalla resistenza periferica agli ormoni tiroidei e comprende la ridotta sensibilità agli ormoni tiroidei e l’ipotiroidismo da consumo.

Diagnosi di Ipotiroidismo

La diagnosi di ipotiroidismo richiede il consulto da parte di un medico in meglio se endocrinologo oltre all’esame dei livelli dell’ormone stimolante la tiroide (TSH) e della tiroxina libera. Se il livello di TSH è superiore all’intervallo normale, mentre il livello di tiroxina libera (FT4) è inferiore, viene diagnosticato l’ipotiroidismo primario. Quando è presente ipertiroidismo centrale (ipotiroidismo sia secondario che terziario), il livello di TSH può essere normale o basso, mentre il livello di FT4 è basso. L’ipotiroidismo periferico è invece una malattia congenita.

Attualmente, il trattamento dell’ipotiroidismo è rappresentato dalla monoterapia con levotiroxina. La dose viene aggiustata fino alla normalizzazione dei livelli di TSH. Inoltre, si può impiegare la terapia di associazione levotiroxina-liotironina in alcuni sottogruppi di pazienti. Bisogna prestare particolare attenzione alla dose dei farmaci. Molti studi hanno infatti dimostrato che il trattamento eccessivo dell’ipotiroidismo con levotiroxina ha un impatto sulla salute delle ossa simile all’ipertiroidismo, può quindi avere un effetto lesivo.

Le complicanze dell’ipotiroidismo includono gozzo, malattie cardiovascolari, mixedema, infertilità e problemi di salute mentale. Molti studi dimostrano che l’ipotiroidismo riduce la BMD o densità minerale ossea. Due studi effettuati su 92.341 e 16.249 pazienti affetti da ipotiroidismo hanno evidenziato inoltre che vi è una maggiore incidenza di fratture.

Di conseguenza si può ritenere che l’ipotiroidismo debba essere considerato un fattore di rischio per le fratture osteoporotiche.

Ipotiroidismo subclinico

Diversamente dall’ipotiroidismo conclamato, l‘ipotiroidismo subclinico è una forma lieve di ipotiroidismo e rientra tra le patologie della tiroide. Si ha un livello di TSH elevato e un livello normale di tiroxina libera (FT4) nel siero. Oltre il 20% delle donne di età superiore ai 75 anni presenta questa condizione. Le cause dell’ipotiroidismo subclinico includono la tiroidite autoimmune, la tiroidectomia subtotale, la tiroidite subacuta. Dobbiamo ricordare anche la causa iatrogena farmaco-indotta e il trattamento con radio-iodio.

Una revisione ha mostrato che esiste un’associazione tra l’ipotiroidismo subclinico e varie patologie in pazienti giovani che presentano alti livelli di TSH. Tra queste patologie abbiamo la malattia coronarica, l’insufficienza cardiaca, la malattia cerebrovascolare, profili lipidici alterati e il diabete di tipo 2. Non è stata trovata alcuna associazione tra ipotiroidismo subclinico e la compromissione delle capacità cognitive o delle funzioni neuropsicologiche.

Attualmente non vi è consenso sull’opportunità di trattare l’ipotiroidismo subclinico. Sebbene studi precedenti abbiano dimostrato che l’ipotiroidismo subclinico provochi la riduzione della mineralizzazione ossea e aumenti il rischio di frattura, i dati più recenti contraddicono questi risultati. Diversi studi infatti, effettuati dopo il 2014, sia prospettici che retrospettivi, non hanno mostrato alcuna influenza dell’ipotiroidismo subclinico né sulla BMD né sul rischio di frattura.

Ipertiroidismo subclinico e rischio di frattura ossea

Al contrario, l‘ipertiroidismo subclinico è la forma lieve dell’ipertiroidismo ma rientra comunque tra le patologie della tiroide. In particolare, è caratterizzato da un basso livello di TSH associato a livelli normali di tiroxina libera (FT4) e triiodotironina libera (FT3). Può essere causato dalla malattia di Graves, dal gozzo tossico multinodulare, dall’adenoma tiroideo a funzionamento autonomo o da una condizione iatrogena, dal carcinoma tiroideo differenziato.

L’ipertiroidismo subclinico aumenta il rischio di fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca e mortalità complessiva (specialmente se i livelli di TSH sono <0,1 mIU / L). Il trattamento è raccomandato nei pazienti con TSH <0,1 mIU/L e di età pari o superiore a 65 anni, con malattie cardiache, sintomi di ipertiroidismo, osteoporosi o post-menopausa.

Nel caso di un livello di TSH compreso tra 0,1 e 0,4 mIU/L e le comorbidità menzionate, il trattamento è controverso.

Molti studi affermano che l’ipertiroidismo subclinico si associ alla riduzione della mineralizzazione ossea e ad un aumento del rischio di frattura. Allo stesso modo vi sono molte evidenze che affermano che il trattamento dell’ipertiroidismo subclinico con iodio radioattivo va a migliorare la salute delle ossa.

Bibliografia

Fonti:
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